Ospite in villa Camperio nel pomeriggio di sabato scorso, la scrittrice italiana Giuseppina Torregrossa, che si è prestata all’intervista di Denise Gardini, coordinatrice dei gruppi di lettura organizzati dalla biblioteca civica, e, da ultimo, alle domande proposte dal pubblico.
Il gruppo di lettura in programma è stato posticipato al prossimo sabato 26 gennaio.
Siciliana di nascita e romana d’adozione, Giuseppina Torregrossa si è laureata in medicina, specializzandosi poi in ginecologia; ha esercitato la professione di ginecologa fino a pochi anni or sono, quando la passione per la scrittura, sempre sopita, è esplosa in maniera prorompente. Dal 2007, infatti, la Torregrossa ha pubblicato circa una decina di libri, tutti al femminile.
Il filo rosso che li accomuna tutti è la preminenza della forza seducente e caparbia delle donne, che ostinatamente quanto dolcemente conquistano la possibilità di vivere la propria vita, lottando contro quella già “impacchettata” e scelta per loro dalla società e dalla famiglia. Protagonista altrettanto indiscusso, infatti, è spesso il contesto della Sicilia chiusa, tradizionalista, devota, dai pensieri repressi.
Il mestiere di ginecologa ha influito sui temi che sceglie per i Suoi libri?
Certo, il legame tra la mia professione e quello che scrivo è molto forte. Il mio mestiere mi ha permesso di conoscere le pieghe più intime non solo del corpo ma anche dell’anima delle donne, che durante la visita raccontano la storia di se stesse e del proprio corpo che cambia, per età, malattia o violenza. Io parlo delle donne e del loro corpo.
Una suggestione molto forte è dedicata al respiro, alito vitale; Lei scrive “si viene al mondo con un respiro, lo si lascia con un sospiro”.
Il respiro è una suggestione emotiva per me molto forte, intrinsecamente legata ai temi della vita e della morte, da me molto sentiti, sia per le esperienze in sala parto sia per la grande festa che a Palermo riempie le strade il giorno dei morti. Questi sono i segreti della vita, automatismi, che, però, hanno bisogno di cure; per questo li vedo come affari di donne: perché hanno a che fare con la misteriosa potenza creatrice.
Nei Suoi libri figurano anche uomini di ogni tipo. Ce n’è uno in particolare a cui è più affezionata?
Sì, uno dei protagonisti maschili, nel libro chiamato “Sasà”, è un mio carissimo amico, con cui, inizialmente, avevo sperato di intraprendere una storia. Uscita con lui una sera, però, ho capito che non poteva nascere alcunché ma, per il suo modo d’essere, avrei potuto costruire un personaggio tanto singolare da farlo sembrare inventato … mentre, invece, è assolutamente reale! Con il personaggio di Sasà ho potuto mettere a confronto il maschile e il femminile, mettendone in risalto il loro essere antitetici.
Un altro elemento onnipresente nei Suoi libri è il cibo. Che rapporto ha con la cucina e con il cibo?
Non amo cucinare, ma adoro il cibo, soprattutto nei piatti tradizionali. Anche nei miei libri traspare quanto apprezzo la cucina tradizionale rispetto a quella gourmet, che, per quanto ottima, certo non può sostituire la tradizionale nella quotidianità.
Come si prepara prima di scrivere i romanzi?
Effettuo molti studi e ricerche. In particolare, molta attenzione ho dedicato per raccontare della manna, del suo significato e della sua raccolta; tradizione, quest’ultima, che ho scoperto essere ormai quasi totalmente superata dopo la scoperta del principio attivo che dà alla manna il suo sapore di dolcificante.
Lei può avere sulla Sicilia un sguardo duplice, da nativa e da ospite. Ha visto cambiamenti nella società siciliana negli ultimi decenni?
Si, ho visto un forte cambiamento, specie dopo le stragi dei corleonesi nel ’92. è difficile liberarsi dalla mafia, che, secondo me, è l’incarnazione del male e che, ultimamente, ha assunto connotati complessi, a raggio internazionale e non più locale. Con la diffusione della cultura della legalità, però, l’aria che si respira oggi è migliore. C’è grande vivacità culturale, che sta facendo tornare a casa i giovani usciti dalla regione e dall’Italia per la formazione professione.
Dal pubblico l’ultima domanda. Rispetto all’ambientazione dei libri, forse non è troppo forte la sensualità dei personaggi?
Laddove c’è repressione, l’eros è sempre molto forte. La conoscenza del proprio corpo veniva repressa, ma gli strumenti di seduzione erano comunque molto ben conosciuti perché innati. L’approccio che ho usato è assolutamente realistico.
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