Mancano pochi giorni alla fine dell’anno e, con l’ultima replica, del 29 di dicembre, delle sei previste nel cartellone del teatro calano le luci sull’edizione scaligera del Macbeth. L’emiciclo risuona ancora degli applausi e dietro le quinte Giulio Galimberti e Niccolò Scaccabarozzi si salutano, sono un mimo e un corista, un ballerino e un baritono, sono cugini, sono villasantesi.
Qui le loro storie.
Come siete arrivati al Teatro alla Scala, che tipo di formazione avete avuto?
Niccolò: Ho iniziato a studiare canto da bambino, poi ho completato la mia formazione in Conservatorio. Proprio durante gli anni in conservatorio mi sono avvicinato alla Scala con un’audizione e mi hanno chiamato per il Lohengrin di Wagner. Dopo qualche tentativo, sono poi riuscito a vincere un concorso internazionale ed entrare stabilmente nel Coro del Teatro. È un lavoro vero e proprio. Ogni stagione prendo parte a una decina di produzioni, compresa la Prima.
Giulio: Io come ballerino ho fatto un’audizione per entrare in Accademia a 11 anni, ma all’epoca non fui selezionato. Nel 2014 ho fatto audizione per entrare nel corpo dei mimi che comprende sia attori che ballerini, sono stato selezionato e da allora ho partecipato a più di 7 produzioni. Io però non lavoro stabilmente per la Scala, vengo selezionato dai registi o dai coreografi di volta in volta per partecipare ad una produzione. Per questo sono anche un ballerino freelance e ho lavorato a Bordeaux, a Tel Aviv e a Berlino.
Era la prima volta che salivi sul palcoscenico della Scala per la Prima?
Niccolò: No, sono quasi dieci anni che lavoro nel Coro del Teatro e per la Prima generalmente partecipa l’organico del Coro al completo. La Prima viene sempre pensata e costruita coinvolgendo tutto il Teatro. Quest’anno abbiamo dovuto attenerci con molta cura ai protocolli di sicurezza, che hanno cambiato un po’ la nostra routine, dovendo spesso indossare le mascherine anche durante le prove, ma ci hanno permesso in egual modo di prepararci al meglio.
Giulio : Per me è stata la prima volta e devo dire che in quest’opera abbiamo anche l’occasione di ballare moltissimo. Daniel Ezralow, il coreografo, mi ha selezionato all’interno del corpo dei mimi per mettere in scena una parte ballata molto lunga ad inizio terzo atto.

Come è stata la costruzione di uno spettacolo così complesso, ma anche così moderno?
Niccolò : Il coro ha iniziato le prove a settembre, generalmente si inizia la lettura delle parti prima dell’estate. A metà ottobre abbiamo iniziato le prove di scena e da metà novembre eravamo insieme all’orchestra. È come un puzzle, tutte le varie parti vengono assemblate insieme per la costruzione dello spettacolo.
Giulio : La nostra preparazione è iniziata con un incontro con Livermore che ha chiesto a tutti di leggere l’opera e ha intimato di fare domande il giorno successivo. Dai primi giorni di prove ci è stato richiesto di porre particolare attenzione sull’interpretazione. Abbiamo iniziato le prove il 25 ottobre e da lì in poi ogni giorno ero a teatro. La parte più impegnativa è stata la preparazione delle coreografie: ad inizio terzo atto siamo impegnati per circa 10 minuti.
Che impatto hanno avuto le scelte registiche di Livermore nella preparazione del Macbeth?
Niccolò : Ormai devo dire che siamo abituati a regie molto moderne e a scenografie super tecnologiche. In questo caso le scelte di Livermore viaggiano su un binario parallelo a quelle del Direttore d’Orchestra. Noi del coro abbiamo fatto due prove con il Direttore Chailly che ci ha dato le sue indicazioni prima delle prove generali, ma direttore e regista hanno sempre collaborato nella costruzione e nella visione dell’opera. La scena dovrebbe essere al servizio della musica, ma negli spettacoli moderni non è sempre così e in questo in particolare c’è molta cura e attenzione anche alla rappresentazione visiva di ogni singolo elemento.
Giulio : Coreografo e regista hanno collaborato moltissimo nella costruzione delle coreografie e soprattutto nella resa scenica delle nostre parti. Generalmente, soprattutto nell’opera e nel balletto classico, viene richiesto prima un lavoro formale e tecnico e poi interpretativo. In questo caso il lavoro è stato fin dal primo momento concatenato. Era importante per Ezralow e Livermore che noi mimi privilegiassimo in ogni occasione la comunicazione e il messaggio, il nostro obiettivo era raccontare, creare atmosfera ed essere consapevoli di ciò che stavamo mettendo in scena.

Quali sono state le sensazioni prima del 7 dicembre?
Niccolò : È stata come sempre molto bella l’atmosfera della primina con gli under 30. Il momento degli applausi con loro è stato molto sentito e pieno di entusiasmo. È un pubblico molto fresco e per qualcuno è stata sicuramente la prima volta a teatro. Nel dietro le quinte c’è un clima di grande concentrazione, ognuno sa esattamente cosa deve fare e come deve farlo. C’è anche modo tra artisti di scambiare due parole anche prima di entrare in scena e con Giulio abbiamo avuto modo di salutarci e scambiare qualche battuta prima di salire sul palco.
Giulio : Confermo tutte le sensazioni sulla primina, il pubblico giovane ci ha donato carica e freschezza. Sono molto contento però di aver sentito di nuovo lo stesso entusiasmo nelle rappresentazioni successive anche se questo è uno spettacolo molto particolare, l’impatto visivo si distacca dall’immaginario classico. Purtroppo, è mancata a causa della pandemia una celebrazione con tutte le maestranze a fine spettacolo, ma è stato molto bello poter vivere l’emozione della Prima alla Scala da protagonista.
Alla prossima Prima alla Scala o al prossimo spettacolo in cui i nostri artisti villasantesi condivideranno il palco, magari proprio a Villasanta, dove è già successo di vederli in scena insieme durante il Festival delle Geografie. Un’occasione per scoprire da vicino il talento e la passione di due professionisti così diversi, ma così simili.

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