Nella notte fra il 22 e il 23 febbraio del 2010 tremila tonnellate di idrocarburi fuoriuscirono dai serbatoi della Lombarda Petroli a Villasanta, riversandosi nel depuratore e, da lì, nel fiume Lambro. Fu uno dei disastri ambientali più gravi del nostro Paese, con un eco oltre i confini nazionali ma per cui – come spesso accaduto per altre tragedie nazionali – non sono stati mai individuati i veri responsabili. Lo sostiene con forza Marco Fraceti nel libro “L’onda nera nel Lambro”, uscito per Mimesis edizioni di Sesto San Giovanni e che abbiamo intervistato per i lettori de Il Punto.
Il libro esce 10 anni dopo l’onda nera che da Villasanta ha travolto il Lambro e 3 anni dopo la sentenza della Cassazione che ha chiuso la vicenda giudiziaria. Perché?
Perché nel labirinto giudiziario che ha portato alla condanna per disastro colposo del titolare della Lombarda Petroli Giuseppe Tagliabue e del custode della ex raffineria Giorgio Crespi non è stata scritta la parola verità. Lo scopo di questo libro è sollecitare la Procura di Monza che istruì il processo a imboccare un’altra via.
Sta dicendo che la Procura di Monza non perseguì la verità?
Credo che le PM che si occuparono del caso risposero con assoluta buona fede all’esigenza da parte dei cittadini e delle istituzioni di ottenere, per una volta, una giustizia veloce. E in effetti in soli 7 anni si arrivo alla sentenza definitiva, attraversando tutti i gradi di giudizio.
Ma quei processi furono davvero un labirinto giudiziario. Ed è in questo labirinto che si addentra la prima parte del libro: una quantità immane di dati e testimonianze provenienti dagli archivi e dai fascicoli giudiziari, perizie e consulenze tecniche che si susseguirono, spesso in modo contraddittorio, sono stati raccolti ed esaminati.
Fin dall’inizio venne seguita l’ipotesi di un reato amministrativo che portò a un disastro ambientale. Si ritenne che la Lombarda Petroli stoccasse una quantità superiore di carburante rispetto a quella dichiarata e che, per questo, venne commissionato lo smaltimento di 7 silos di cui 4 hanno contribuito allo sversamento. Tutto ciò per evitare il pagamento delle accise. Tale movente portò al disastro colposo, reato penalmente rilevante, per i quali sono state emesse le condanne.
Non dimentichiamo che solo l’azione di vigili del fuoco e protezione civile impedirono che il disastro del Lambro che seguì il corso del fiume fino a San Colombano, non coninvolgesse – se non lievemente – il Po e con esso il Delta e il mar Adriatico e il suo delicato eco-sistema.
E questo non è convincente?
Non è convincente per me ma nemmeno per la giustizia tributaria. Almeno tre i motivi:
1) A seguito della sentenza penale l’Agenzia delle Dogane avviò un accertamento nei confronti della Lombarda Petroli (nel frattempo fallita) a cui venivano richiesti 9 milioni di euro per mancato pagamento delle accise e tenuta di una contabilità informale parellela tesa a falsificare i dati delle quantità effettivamente stoccate. Ebbene, la Corte di Cassazione Tributaria ha annullato l’accertamento ritenendo che la Lombarda Petroli non avesse commesso traffici illeciti dei prodotti e nememmeno avesse tenuto una contabilità parallela.
2) La Lombarda Petroli aveva avviato una trattativa per la vendita dell’area del deposito con la Addamiano Group srl, all’epoca importante società immobiliare di Desio. Bonifica in cambio di soldi. Come previsto dall’accordo con il Comune di Villasanta, l’attività di stoccaggio doveva essere chiusa, l’area bonificata e riqualificata nell’ambizioso progetto “Eco
City Villasanta”. Le trattative con la Addamiano erano in fase avanzata: perché i proprietari della Lombarda Petroli avrebbero dovuto preoccuparsi di alcuni milioni di accise non pagate e mettere in pericolo l’affare attirando l’attenzione di tutti con il rischio di un disastro ambientale?
3) Perché un’operazione molto complessa e pericolosa come lo smaltimento di idrocarburi è stata programmata per le 3 di notte?
Ho scritto questo libro affinché chi ne ha titolo e competenze possa aprire una nuova via giudiziaria alla ricerca della verità.
Se le cause del disastro non furono di natura economico-amministrativa, allora di che natura furono?
La risposta è articolata nella seconda parte del libro. Quello sversamento fu un vero e proprio sabotaggio. A seguito di puntuali ricostruzioni, intercettazioni e utilizzo di altri procedimenti giudiziari contro la criminalità organizzata, possiamo ipotizzare che quell’area facesse gola a molti e che durante la trattativa, Tagliabue, che aveva già cominciato a bonificare l’area in vista della vendita, si era forse accorto che i compratori che si erano fatti avanti non avevano i soldi promessi.. e che non erano esattamente quello che apparivano.
Nel libro tentiamo di capire quali fossero i reali interessi su quell’area. Solo quelli di un importante immobiliarista che vedeva l’affare oppure vi erano appetiti più “sporchi”?
In questa parte del libro viene ricostruita un’impressionante sequenza di collusioni fra illegalità, politica regionale e manovre affaristiche capaci di deviare e disturbare le condizioni di vita della benestante e pacifica Brianza. Senza svelare nulla di questa ricostruzione densa di episodi, nomi, colloqui telefonici un po’ inquietanti le chiedo: che cosa si aspetta ora che il libro è disponibile nelle librerie e che quindi potrà essere letto da tutti?
Ciò che è successo a Villasanta è stato un reato ambientale-criminale.
Ho pubblicato questo libro per mettere a disposizione dei magistrati della Procura di Monza una documentazione basata su fatti e dati che potrebbe portare non a riaprire l’inchiesta, che ha già avuto il suo esito giudiziario, ma ad avviarne una nuova che persegua i veri responsabili, che affronti un filone ben più complesso, lungo e che richiede l’apporto di tutti.
La Procura di Monza lavora da sempre in team con quella di Milano, applica quelle metodologie di lavoro inaugurate da Falcone e Borsellino con il pool di Palermo e si avvale della miglior compagnia della Guardia di Finanza italiana: quella della Brianza, la più efficiente ed efficace, come dimostrano le indagini che hanno portato alla scoperta di depositi rifiuti illegali, ai legami fra politica e criminalità costringendo alle dimissioni i consigli comunali di Desio, Giussano e Seregno.
L’area della Lombardi Petroli è di 300.000 mq: va bonificata in funzione della vendita e della restituzione a chi ne ha diritto. Vi sono grandi possibilità di business: riutilizzo del ferro, la stessa bonifica, il trattamento di rifiuti speciali. Ma la curatrice fallimentare della Lombarda Petroli al momento non ha acquirenti. Le bonifica costa molto. Chi potrà mai farla? Chi dispone di così tanti soldi? Quella di Villasanta è un’area che ricorda, per ragioni ambientali e destini speculativi , quella della SISAL di Pioltello, della Montedison di Rogoredo, della SNIA di Varedo.
Una collaborazione fra società civile e forse dell’ordine e magistratura è fondamentale affinché la Brianza continui ad essere un luogo di benessere e pace.
Mi faccia però aggiungere una cosa: questo libro è anche dedicato alle ragazze e ai ragazzi che in questi ultimi due anni hanno impugnato in modo deciso e competente il tema dell’ambiente, il nostro più importante bene comune che deve essere sottratto alle mani voraci della criminalità organizzata.
Marco Fraceti, L’onda nera nel Lambro. Il caso Lombarda Petroli e lo sversamento abusivo di idrocarburi. Prefazione di Vittorio Agnoletto, Mimesis edizioni, 154 pp.
Marco Fraceti è giornalista e pubblicista e blogger. E’ direttore dell’ Osservatorio Antimafie di Monza e Brianza “Peppino Impastato”. Conduce il blog brianzaantimafia.blogspot,com.
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