politica

Referendum 8 e 9 giugno. C’è ancora domani per andare a votare

Domenica e lunedì, 8 e 9 giugno, saremo tutti chiamati alle urne per i referendum sul lavoro e sulla cittadinanza.

Lo diciamo subito, noi del Punto invitiamo tutti ad andare a votare, al di là delle proprie opinioni sul merito dei quesiti proposti.

Molti di voi ricorderanno le sequenze finali del film della Cortellesi C’è ancora un domani.

Ecco, le ragioni per cui bisogna andare a votare stanno tutte lì, nello sguardo finale della protagonista, nella sua pienezza dopo aver votato, nell’ansia di futuro che traspare dallo scambio di sguardi tra Delia, la protagonista e la sua figliola Marcella.

Al centro di questi referendum ci sono questioni che attengono a diritti e dignità del lavoro e delle persone e, seppur lecito, è comunque sbagliato girarsi dall’altra parte e non andare a votare.

E perché noi, per dirla con Battiato – o se preferite con Gianni Morandi – nutriamo da sempre “un dogmatico rispetto verso le istituzioni” .

Dovremo rispondere sì o no a 5 quesiti che riguardano il lavoro e la cittadinanza a persone nate in un altro paese ma che vivono e hanno una occupazione in Italia.

Votare sì, gli organizzatori ne sono convinti, renderà meno precario il lavoro e riporterà da 10 a 5 anni il periodo necessario per richiedere la cittadinanza, come era prima dell’ultima modifica.

Ma più che sui contenuti, come sarebbe logico e necessario, il “dibattito” politico si sta sempre più avvitando e svilendo sull’andare o non andare a votare.

Ora chiarito che, raccolte le firme necessarie per la presentazione e ottenuto il parere positivo della Corte Costituzionale sulla ammissibilità dei quesiti, il referendum è incardinato, diventa stringente il diritto/dovere degli elettori di andare alle urne per esprimersi in merito.

Come si è sempre fatto prima che diventasse di moda l’invito ad andare al mare, inaugurando la stagione dell’antipolitica e disprezzando, di fatto, l’opinione di chi alle urne, testardamente, continua ad andarci.

La repubblica, di cui abbiamo celebrato la nascita proprio lunedì scorso, e non più la monarchia compromessa con il fascismo, la conferma che nel nostro paese si può divorziare e interrompere una gravidanza non desiderata sono tutte decisioni prese dentro le urne, con il confronto democratico tra i favorevoli e i contrari.

Nessuno allora – nonostante le fortissime contrapposizioni fra gli schieramenti pro e contro – si è mai sognato di invitare a non andare a votare per tentare di “vincere a tavolino”, facendo mancare il quorum.

Anche perché non sarebbe una vittoria ma il risultato di un boicottaggio.

Il Punto non darà suggerimenti per il sì e per il no ai suoi lettori, che sa essere informati e consapevoli, ma si unisce all’appello, rivolto da più parti e dallo stesso presidente della Repubblica, ad andare a votare perché così vogliono la Costituzione e la democrazia.

Scrivi un commento