Nell’attesa che anche in Lombardia riaprano le librerie, gli antiquati lettori di libri cartacei cedono alla tentazione di rovistare tra gli scaffali casalinghi che, si sa, si rivelano sempre una piccola miniera di tesori.
Uno di questi è il capolavoro di Thomas Mann, I Buddenbrook, che con le sue 500/600 pagine – dipende dalla scelta della casa editrice e dell’anno di edizione – ci apre la porta e ci accoglie nella grande casa sulla Mengstrasse a Lubecca, che testimonia e celebra il successo commerciale della famiglia e la sua posizione nella città.
Leggerlo per la prima volta o rileggerlo significa certamente farsi coinvolgere dalla storia che il romanzo narra e gustare l’assoluto realismo a cui Mann decide di fare ricorso per narrare l’arco temporale che vede famiglia e azienda prosperare, toccare il punto del massimo successo e declinare.
Ma tutto questo è noto e il solo pensare di dare un giudizio critico cui Buddenbrook è cosa da far tremare le vene ai polsi.
D’altra parte, se si sceglie di consigliarlo, occorre mettersi in gioco.
Un suggerimento potrebbe essere allora di seguire lo sviluppo della narrazione ponendo attenzione a legare gli accadimenti ai segnali musicali che Mann dissemina. Il romanzo si apre con la cena inaugurale della lussuosa casa, che Johan Buddenbrook senior ha appena acquistato da un commerciante all’ingrosso – come egli stesso è – ma in declino di fortuna.
Buddenbrook senior è, a tutti gli effetti, ancora un uomo del Settecento, nell’esteriorità dell’abbigliamento e nell’interiorità del suo libero pensiero, formato sui principi illuministici: en avant e courage sono le espressioni che lo definiscono.
..Cadde la neve, venne il gelo, e nell’aria limpida e tagliente risuonavano per le strade le melodie tradizionali e malinconiche dei suonatori d’organetto italiani, giunti per la festa con le giacche di velluto e i baffi neri…
In più, egli ama la musica e suona. Quale strumento? Il flauto, lo strumento della serenità e della ricerca della conoscenza attraverso la ragione. Proprio al flauto, in quel caso magico, Mozart ricorre – nella sua opera Die Zauberflöte – per descrivere il cammino faticoso di Tamino verso la virtù.
Ma en avant e courage non saranno solidi accompagnatori della vita del figlio Johann, omonimo ed erede della ditta commerciale che condurrà con dedizione costante ma che, alla sua scomparsa, non lascerà in condizioni più floride di quelle iniziali.
Jean, come lo chiama la moglie, è un uomo dell’Ottocento, sincero credente, guidato nelle azioni dalla sua religiosità, privo – come sarà anche Thomas il figlio maggiore e futuro capitano dell’impresa – di interesse e di talento musicale.
Chi suona, in questa lunga parte del romanzo, è Elisabeth, sua moglie alla quale Mann affida un harmonium. Musicalmente, è come se fosse un lungo intermezzo, durante il quale continuano svolgersi le vicende della famiglia e della ditta nella quale essa si identifica con un legame indissolubile.
La musica ritorna con forza nell’ultima parte del romanzo con la moglie di Thomas, Gerda che – al suo arrivo in città per il matrimonio – porta con sé un violino Stradivari e con il loro figlio Hanno.
Il violino, lo strumento del Romanticismo capace di esprimere la voce umana, la musica di Wagner amata da Gerda e il pianoforte del giovane Hanno, che si perde nell’invenzione delle variazioni, si sostituiranno al flauto misurato di Johann senior e segneranno la parte discendente dell’arco storico, descrivendo la fine della fortuna economica e della famiglia Buddenbrook.
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