cultura

Il Colore come terapia

Quattro messaggi artistici a confronto nella collettiva in Villa Camperio fino a domenica 27 marzo.

Fuori dal tunnel, finalmente. Dopo un’attesa di due anni, al terzo appello si poteva allestire la mostra di pittura rimasta in stand-by per “Coronavirus”.  L’avremmo accolta come fosse il segnale d’uscita da una nottata inquietante, popolata di rabbia e di paure. A un passo dalla nuova Primavera.

Ma solo quarantott’ore dopo che Issor me ne dà notizia, affidandomi l’incarico dell’inaugurazione, esplode un colpo di scena che spazza via ogni entusiasmo: rumori di guerra da Est Europa.

I quotidiani di fine febbraio aprono con immagini che sembrano ridestare i mostri del  XX secolo.

La sera di Venerdi  4 marzo Villasanta scende in piazza del Comune.  Gli spazi disponibili non bastano a contenere le tre generazioni di donne e uomini autoconvocati via social per una manifestazione pacifista e di ripudio di ogni forma di guerra. La società civile e la comunità religiosa si riuniscono attorno al sindaco Ornago e al parroco don Alessandro.

Un lungo e silenzioso corteo di oltre duemila persone anima la fiaccolata che copre il kilometro di strada fra il Comune e la chiesa di Santa Anastasia, nella quiete apparente di un paese deserto, in un gioco di sguardi che cercano condivisioni ai propri pensieri.

Svaniva nel nulla la relazione fra la forza incoercibile dell’arte, naturalmente in grado di porre fine a qualsiasi emergenza;  quanto la gradevole equazione bellezza come salvezza. Era ed è ancora guerra: un’angoscia che va avanti da tre settimane in un oceano di crudeltà. Il mondo sembra in affanno alla ricerca di un punto d’equilibrio e la mia radio esorcizza il dramma col tamburo di “Give peace a chance”.

E’ persino ovvio che il clima di fondo sia filtrato anche nei saloni di Villa Camperio ma con banale immaginazione basta cambiare il titolo della locandina in “Terapia del colore” e la pittura riconquista tutta quanta la propria peculiarità.

 Sabato 19 marzo alle ore 17, quindi, virtuale taglio del nastro di una collettiva d’arte che non esito a definire appuntamento da non perdere. Quattro artisti interpreti di altrettanti punti di vista narrativi in grado di catturare sguardi e suscitare emozioni sorprendenti. Tutti, a modo loro, attratti e vinti da un’idea di sogno.

Silvana Uccellini e Cesare Rovagnati sono una coppia di ospiti milanesi che espongono opere appartenenti a  correnti figurative assai specifiche: la prima si inserisce nel più romantico dei solchi “naif” con una serie di “fondi di botti di legno” su cui riesce a dipingere momenti di suggestione antica con la grazia di una femminilità raffinata, nella ricchezza di un colore vivo e generoso.

Cesare Rovagnati, il marito, si cimenta, al contrario, in un controcanto di chiara marca impressionista-simbolica. Autore ormai più che collaudato, Rovagnati interpreta una personale lettura di un “sé stesso” rigoroso e cangiante: “Il colore è uno stato dell’animo”, afferma e dalle sue opere scaturisce  un’estetica armoniosa sia nelle forme che nelle scelte dei toni, frutto di un’esperienza che è partita dall’Accademia di Brera e ha varcato più e più volte i confini nazionali.

Abbiamo lasciato per ultimi i due padroni di casa che, appunto, non hanno bisogno di soverchie presentazioni: Mario Caspani espone una ricca selezione delle proprie originalissime creazioni in legno ceramizzato dipinto in acrilico. Uno stile interpretativo che ormai lo pone fra i leader nazionali di questa tecnica che  gli è valsa ampi consensi  in quattro decenni di attività.

Nei lavori di Caspani prevale in me l’ammirazione della professionalità con cui l’autore riesca, nel tempo,  a unire fantasia di soggetti, abbinamento cromatico e, soprattutto, una perfezione esecutiva di valore assoluto.

Conclude la rassegna Issor, e scusate se è poco. Il nostro più importante rappresentante in campo figurativo; quarantacinque anni di pittura “naif”,  concorsi e premi in tutta Europa, ci offre una attraente selezione dei suoi lavori più recenti.  Racconti intrisi di quella fantasia infantile che gli è tipica; prendono spunto da un istante, da un sogno magari e si materializzano in piccole e sorprendenti invocazioni di un ambiente in cui Issor ha vissuto e che sarà necessario ripristinare al più presto: un inno più o meno esplicito alla difesa dell’equilibrio climatico, a stili di vita compatibili con la natura e all’attualissimo concetto di transizione ecologica. Il tutto narrato in un sognante olio su vetro di cui Issor è ormai indiscusso maestro.

La rassegna proseguirà per tutta la settimana successiva (chiuso il  lunedì)  per concludersi domenica 27 marzo. Poi, finalmente, arriverà la Primavera, lo prometto.

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