Alcune tracce del passato industriale potrebbero rappresentare un valore identitario e connotare storicamente la cittadina rispetto al contesto più vasto dell’area metropolitana a nord di Milano
Con questo servizio proviamo ad analizzare con quali forme culturali è possibile costruire un’identità territoriale locale, fatta di differenze costitutive e che aiutino a ridurre l’effetto omologante del processo di fagocitazione da parte della metropoli milanese, processo che porta verso la formazione di grandi aree suburbane, afflitte da una progressiva riduzione della vita sociale e oggetto di studio della sociologia con il concetto di “agglomerati dormitorio”. Seguiranno altri servizi sul tema di come introdurre a Villasanta proposte e particolarità di carattere culturale altamente connotanti e particolari.
Archeologia industriale
Il passato non è solo ciò che è successo ma anche ciò che avrebbe potuto succedere ma non è avvenuto.
(Sarah Ban Breathnach)
L’archeologia industriale è nata in Gran Bretagna negli anni ’50, nello stesso paese dove iniziò intorno al 1780 quel complesso processo noto come la prima rivoluzione industriale. Successivamente l’industrializzazione si sviluppò nell’Europa settentrionale. Mentre in Italia, così come in Giappone e in Russia, si diffuse oltre un secolo dopo agli inizi del ‘900.
A differenza del mondo anglosassone, nella nostra cultura, basata sulla tradizione letteraria classica, inizialmente il termine faticò un po’ prima di essere assimilato: per archeologia si era da sempre intesa quella scienza che studiava i reperti e le testimonianze dell’attività dell’uomo nell’antichità, mentre per archeologia industriale si intende la scienza che studia i resti materiali e immateriali della rivoluzione industriale, ovvero di un’epoca molto più recente. Nella disciplina di archeologia industriale sono contenuti diversi aspetti del processo di produzione industriale: gli edifici, le macchine, le infrastrutture, le tecnologie e la storia sociale. Nel territorio più vicino a noi esistono alcuni esempi di messa a valore del recupero storico e architettonico. Uno di questi è costituito dal Museo della Seta di Garlate che ha sede in una delle prime filande industriali create da imprenditori svizzeri agli inizi del ‘900.
Se la rivoluzione industriale da noi è arrivata in ritardo, il suo processo di ritorno, meglio definito con il termine deindustrializzazione, è cominciato a soli alcuni decenni di distanza rispetto al mondo anglosassone. In un rapporto del 2002 sul mercato del lavoro nella provincia di Milano, si segnalava per la prima volta, come negli ultimi anni ’90 fosse emerso un processo che andava progressivamente assimilando l’ambito di Monza e di alcuni territori all’area metropolitana milanese, sia per quanto concerneva le dinamiche economiche, sia per le evoluzioni del mercato del lavoro.
Seguendo un percorso simile a molte delle aree di industrializzazione, la zona di Monza è stata interessata da rapidi e intensi processi di deindustrializzazione. Dopo il decennio del 2000 è entrata a far parte dell’area, come definita in sociologia, della “metropoli allargata”, comprendente, oltre a Milano, le città di Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Cinisello Balsamo e altri comuni limitrofi. In queste aree si è andata a sostituire al sistema produttivo industriale un’economia caratterizzata dal prevalente ruolo del settore dei servizi e da un mercato del lavoro orientato ad una sempre più accentuata flessibilità e precarietà dei contratti.
Villasanta ex città industriale
“Noi siamo il nostro passato”, affermava il filosofo Henri Bergson
Il processo di industrializzazione a Villasanta, come nel resto della Lombardia, ebbe qualche timido accenno iniziale nel periodo delle campagne napoleoniche. Passata la meteora innovativa portata in Italia da Napoleone (Codice Napoleonico) i vincitori austriaci imposero per decenni a seguire la cosiddetta restaurazione: un sistema articolato di dominio territoriale dell’Italia, suddivisa in piccoli stati. L’avvio dell’industrializzazione italiana avvenne nella seconda metà del’800, quando fu perseguito il movimento di unificazione politica, meglio noto come risorgimento. Questo fu la condizione basilare per l’innesco del processo di industrializzazione. l’Italia si industrializzò solo dopo essere diventata una nazione.
Le premesse per lo sviluppo industriale nel territorio Villasantese, prevalentemente agricolo, furono la costruzione delle infrastrutture ferroviarie: il collegamento di Milano e Monza a Bergamo, tramite un prolungamento e l’integrazione con la linea Seregno-Bergamo, realizzata nel 1888. Queste infrastrutture furono seguite dalla realizzazione nel 1911 della linea Monza-Molteno. Fino ad allora esisteva una modesta attività industriale, formata da piccoli insediamenti di manifatture tessili. Qui la storia della cascina Papina di Arcore, stravolta dal passaggio della ferrovia diretta a Bergamo. Nella tradizione villasantese si era andata ad affermare l’attività dei lavandèe de tela, un’economia basata sullo sfruttamento delle acque del Lambro e delle sue rogge. L’artigianato costituì l’humus per la nascita e lo sviluppo di molte aziende. Da questa tradizione emersero gradualmente alcune industrie del candeggio e del finissaggio dei tessuti. Una delle più note fu l’Ambrogio Radaelli fondata nel 1919. Qui l’intervista al pittore villasantese Giovanni Rossi in cui parla, tra altre altre cose, del mestiere più diffuso a Villasanta: lavandèe de pagn.
Al rapido sviluppo dell’industria tessile, facilitato in Brianza anche dal suo essere un territorio economicamente depresso e per questo di interesse da parte degli investitori e degli imprenditori svizzeri e tedeschi, si affiancò un fenomeno di trasformazione da artigianato a industria meccanica. Un esempio fu la Colombo Agostino, fondata nel 1923 con modeste dimensioni e poi divenuta una delle aziende di punta nella specializzazione per la produzione di macchine utensili destinate alle fabbriche. Il settore, a cui si aggiunsero altre fabbriche, come la Colombo Cremona e la Giorgio Galli, divenne una particolare eccellenza produttiva di Villasanta. Si moltiplicarono ulteriori nuove fabbriche: la Guido Tagliabue, specializzata in produzione di ingranaggi meccanici; poi uno dei primi importanti nastrifici, l’azienda fondata da Angelo Cambiaghi e legata alla produzione dei cappellifici diffusi a Monza; infine, nel 1929, il nastrificio di Giuseppe Daelli, che raggiunse dimensioni ragguardevoli per quell’epoca; alla fine degli anni venti fu fondato da Alessandro Cereda il Calzaturificio Monzese, situato tra via Mazzini e Piazza Daelli e chiuso a metà degli anni ’60.
Negli anni trenta lo sviluppo industriale proseguì con insediamenti di seconda generazione. Due di queste furono fondate nel 1934: l’azienda dei Fratelli Canesi, specializzata in prodotti chimici per candeggi e tintorie; la Rodolfo Piazza, fabbrica tessile esistente nello spazio dell’attuale Piazza Europa e l’Oleificio Tornaghi, un’azienda costruita a Villasanta da Pino Tornaghi, discendente da un’antica famiglia di produttori monzesi di olio. L’Oleificio fu edificato nell’area attualmente occupata dalla ex Carrier, di fronte alla stazione ferroviaria, proprio per in virtù della presenza della ferrovia: all’interno dei capannoni entravano diramazioni delle rotaie per il flusso dei vagoni merci. Alcune rotaie sono tuttora esistenti, seppure coperte da uno strato di asfalto bituminoso, nell’attraversamento di via Cellini. La posizione strategica della fabbrica costituì un importante elemento per il processo produttivo, perché le materie prime e la produzione finale, provenivano e fluivano in diverse parti del mondo.
A questa intuizione di Pino Tornaghi si rifece dieci anni dopo, nel 1944, la ricostruzione della Lombarda Petroli, una raffineria di Sesto San Giovanni distrutta durante la seconda guerra da un bombardamento degli anglo-americani. Tramontato il commercio dell’olio, l’utilizzo dello scalo ferroviario divenne strategico per la produzione e la commercializzazione degli idrocarburi, essendo prodotti primari del modello di sviluppo fondato sull’auto. Modello che fece la fortuna del boom economico e dell’industrializzazione italiana nel secondo dopoguerra. Al posto dell’Oleificio Tornaghi, l’ingegnere milanese Luigi Chieregatti, figlio di uno dei due fondatori della Dell’Orto e Chieregatti (Del-Chi), una fabbrica di Milano distrutta anch’essa dai bombardamenti, decise di ricostruire qui la sua azienda. Comprò inizialmente un lotto di terreno da Pino Tornaghi. Questa è l’ultima grande azienda villasantese, specializzata nella climatizzazione ed eccellenza mondiale, a chiudere nel 2014. In fondo a questo articolo ne tratteremo in modo approfondito la vicenda storica.
Archeologia industriale a Villasanta
Perdere il passato significa perdere il futuro.
(Wang Shu)
Mentre ovunque nel mondo occidentale in deindustrializzazione si vanno affermando recuperi identitari di archeologia industriale, perché ormai è assodata l’utilità di ripristinare le tracce della storia sociale e culturale dei territori, a Villasanta stiamo perdendo sistematicamente ogni segno tangibile del passato industriale. Intere aree, appartenute alle fabbriche di prima generazione, hanno dato posto nel centro abitato, in modo quasi totale, a moderni manufatti residenziali e commerciali. Si può rintracciare qualche vago segno in quel che resta di un vecchio cotonificio in Piazza Cesare Pavesi. Una ciminiera e un edificio superstiti sono un altro segno industriale in quel che resta della fabbrica Tronconi, in fondo a via Garibaldi, poco prima della casa di riposo San Clemente. Il complesso, seppure di piccole dimensioni, contenendo oltre alla fabbrica due edifici destinati alle abitazioni dei dipendenti, ricorda quel genere di architettura di inizio novecento, di cui abbiamo un ottimo esempio nella città-fabbrica di Crespi D’Adda, costruita dalla famiglia Crespi, gli industriali milanesi che vollero tentare di emulare in Lombardia l’architettura del modello utopista, inventato in Inghilterra nel’800.
A Villasanta nell’ultimo decennio sono scomparse le fabbriche storiche. Ora stanno scomparendo anche quelle costruite nel secondo dopoguerra nelle nuove aree industriali. Tra le aree dismesse c’è la ex fabbrica tessile Rossi Simeone, costituita da capannoni di scarso valore architettonico, ma posti in un’area ambientale pregiata di fronte alle mura del parco di Monza e connessa a una villa storica : la Villa Vecchia del 1865. Percorrendo via Raffaello Sanzio si scorgono i capannoni della ex Delchi. Di fronte c’è l’area della ex Lombarda Petroli, un progetto di recupero rimasto al palo e senza nemmeno la conclusione delle necessarie bonifiche. Di questo complesso non è auspicabile conservare troppe tracce, visto l’uso inquinate e nocivo che ha avuto nei confronti della città. Tuttavia esistono nel genere degli esempi interessanti nella deindustrializzazione tedesca, per esempio nella città di Duisburg, dove alcune cisterne sono state conservate come memoria storica. Cosa prevista peraltro anche nel progetto di Villasanta. Sarebbe opportuno salvaguardare uno o due capannoni della ex Delchi e produrre una scheda per l’inserimento ai Beni Culturali della Lombarda. Non sono manufatti di alto valore architettonico. Tuttavia fanno parte del paesaggio storico che ha accompagnato Villasanta per 70 anni. Uno di questi potrebbe essere l’edificio in mattoni denominato ex Calderai.
L’edificio ex-Calderai come archeologia industriale?
L’ex Calderai è l’edificio che si estende parallelo alla via Dante Alighieri. Il nome è dovuto al suo uso iniziale negli anni ’40, quando la Delchi ancora produceva cucine da campo per l’esercito e qui esisteva un piccola fonderia per la costruzione delle caldaie. Quel business, nato con la prima guerra mondiale nel 1915, fece la fortuna della fabbrica di Milano, fino all’introduzione della produzione di impianti per il condizionamento dell’aria. Ancora negli anni ’70 c’erano in Delchi dipendenti che avevano prestato servizio militare nella Marina Italiana, quando la leva era obbligatoria e durava due anni. Per rimarcare i buoni rapporti con la Marina, comprendenti la fornitura di impianti per le navi e prodotti a Villasanta, i giovani dipendenti idonei alla leva, venivano quasi tutti arruolati nella Marina Militare. Allora era un privilegio, anche se la leva durava 6 mesi in più rispetto all’esercito. I dipendenti ne erano orgogliosi. Deindustrializzazione e mitopoiesi. Lo spazio della fabbrica dismessa
Delchi-Carrier: la “Fiat” di Villasanta
L’azienda, che negli anni ’90 era arrivata ad occupare 1350 dipendenti fissi e 400 stagionali, era considerata come una sorte di “piccola Fiat” locale, riprendendo in qualche modo quella modalità tipica a Torino di interesse territoriale della ricaduta produttiva: nell’azienda lavoravano e hanno lavorato nel tempo diverse centinaia di cittadini Villasantesi.
Nel 2014 è stato costituito a Villasanta il Fondo Carrier-ex Delchi: 106 anni di cultura industriale.
Si tratta di 900 libri, donati da Carrier al Comune di Villasanta e consultabili nella rete di BrianzaBiblioteche. L’istituzione ha preso corpo quando un gruppo di volontari ha cominciato a dedicarsi alla catalogazione e alla sistemazione dei libri: l’amministrazione ha dapprima stabilito una sede fisica nei sotterranei del comune, poi, con l’idea di integrare il patrimonio alla rete delle biblioteche, ha coinvolto alcuni ex dipendenti di Carrier-ex Delchi e in particolare i fruitori della biblioteca aziendale. Ai volontari iniziali, gli ingegneri Massimo Assi e Augusto Naj e il tecnico elettricista Salvatore Amelio, si sono aggiunti progettisti storici come Giovanni Redaelli ed Ercole Gervasoni, entrati in azienda nei primi anni ’60, altri tecnici di laboratorio come Mario Buraschi e l’ex Sindaco Enrico Fontana. Tutti abitanti a Villasanta.
Raccogliendo l’interesse di Brianza Biblioteche e dell’associazione AICARR (Associazione Italiana per il Condizionamento dell’aria Riscaldamento e Refrigerazione) si è data vita a una rete complessa in grado di ampliare la consultazione dei libri, di fatto unici, per la loro specificità, nel nostro territorio. La biblioteca della ex Delchi nacque con l’acquisto di alcuni volumi nell’anno di fondazione, 1908, a Milano. Si sviluppò nella lunga storia dell’azienda, passando il periodo che comprende le due guerre mondiali e i conseguenti grandi cambiamenti sociali, economici e culturali.
L’idea di creare una biblioteca si inseriva in quel contesto di cultura industriale, un tempo in auge, in cui si riteneva necessario, per la competitività delle aziende, avere una grande capacità di innovazione. Erano fattori decisivi per le strategie e per l’affermarsi delle imprese nel mercato. Ai progettisti e ai tecnici di laboratorio venivano messe a disposizione conoscenze multidisciplinari in diverse branche della tecnica, utili a porli in condizione ottimali per essere in grado di progettare prodotti innovativi e rispondenti alle necessità del momento storico.
Ricorda Giovanni Redaelli, progettista villasantese entrato in Delchi nel 1961: “La biblioteca si è resa necessaria sia per risolvere problematiche tecniche durante la progettazione, ma anche per orientare le scelte aziendali, adattandole ai tempi ed alle variabili dei mercati italiani ed internazionali. La biblioteca venne potenziata nel dopoguerra per volontà dell’ing. Luigi Chieregatti, attento a procurarsi molti i testi disponibili e pubblicati negli Stati Uniti, in Germania ed in Francia. Nella biblioteca sono presenti testi dell’Associazione americana ASHRAE e della corrispondente italiana AICARR fondata nel 1953”. In particolare gli studi e le ricerche operate a Villasanta hanno permesso la produzione industriale di eccellenza di macchine speciali per la refrigerazione delle merci nelle fasi di trasporto terrestre e navale.
La storia dell’azienda
Dalla dell’Orto alla Carrier: una storia prestigiosa di produzione industriale a Villasanta.
Iscritta all’Albo delle imprese storiche della Camera di Commercio della Brianza, la Carrier prosegue la tradizione della Delchi, una società produttrice di sistemi di ventilazione, riscaldamento e servizi fondata nel 1908 a Milano con il nome Dell’Orto dagli ingegneri A. Chieregatti e A. Donesana.Durante la prima guerra mondiale si specializza nella costruzione di stufe da campo. Nel 1935, la società, legata anche a Aerimpianti, poi ceduta nel 1962 alla società Ansaldo S.Giorgio del gruppo Finmeccanica, cambia nome in Dell’Orto Chieregatti ed aggiunge al suo scopo societario anche gli impianti di condizionamento, producendo a Milano nel 1939 il lavoro del primo sistema di aria condizionata.
Nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica viene distrutta completamente e si sposta per breve tempo a Mariano Comense.
Il 1945 è un anno fondamentale: il figlio del fondatore, Luigi Chieregatti, crea un nuovo sito produttivo a Villasanta in via Raffaello Sanzio.
Nel 1952 viene firmato dalla Dell’Orto Chieregatti un accordo di licenza con l’americana White-Westinghouse per la produzione e la vendita di impianti di climatizzazione. Grazie al boom del dopoguerra nel settore delle costruzioni e il crescente interesse per il comfort residenziale, la Dell’Orto e Chieregatti amplia il mercato per i sistemi di condizionamento dell’aria e vince prestigiose committenze per i teatri alla Scala di Milano e La Fenice di Venezia. La società installa impianti di condizionamento non solo in molti alberghi di lusso ed edifici commerciali, ma anche fornisce il sistema di ventilazione per il traforo del Gran San Bernardo, per l’atmosfera confortevole nel transatlantico Raffaello e gli impianti del Palaeur di Roma.
Nel 1966 un nuovo cambio di nome: l’azienda viene chiamata Delchi, contrazione dei nomi Dell’Orto e Chieregatti e vive una decade di rapida espansione come produttrice di sistemi all’avanguardia. Grazie alla continua crescita negli anni ’60, l’azienda diviene rapidamente il principale fornitore di aria condizionata e di sistemi di riscaldamento sul mercato italiano.
Nel 1968 la Westinghouse ne fa il principale fornitore per l’Europa, Medio Oriente e Africa.
I primi anni ’70 sono una fase di forte espansione con la realizzazione di un secondo impianto di produzione in Villasanta in via Dante Alighieri.
Nel 1976 la società statunitense Westinghouse si ritira completamente dal business di aria condizionata e pone in vendita la quota societaria al al gruppo Delchi Nocivelli. Fino al 1983 la Delchi si sviluppa come il più importante produttore di sistemi di condizionamento dell’aria in Europa.
Nel 1983 la Carrier acquisisce la Delchi con il 51% per cento delle azioni, formando la joint venture Delchi Carrier e completa l’acquisizione nel 1986 con il 100% del pacchetto azionario. La Società diventa prima Delchi-Carrier e successivamente, nel 1996, acquisisce definitivamente il nome Carrier S.p.A., proseguendo il suo cammino nella specializzazione di prodotti con funzionalità tecnologicamente avanzate. In questa fase la Carrier procede alla fusione con un’altra azienda di proprietà: la Marlo di Pero. Viene chiuso lo stabilimento di Pero e di conseguenza concentrata l’attività produttiva a Villasanta. L’azienda raggiunge il picco massimo di dipendenti a tempo indeterminato: 1300 unità.
1995. Viene completamente dismessa la produzione dei grandi impianti industriali, quella attività produttiva di pregio che aveva reso famosa la Delchi negli anni ’60. Le strategie industriali americane prevedono lo spostamento di queste attività nel sito produttivo Carrier di Montuel in Francia.
Dal 2002 lo stabilimento, situato a Villasanta, è una delle unità produttive principali del gruppo a livello globale ed è anche il World’s Lead Design Center di Carrier per i prodotti light commercial con particolare specializzazione alle pompe di calore aria-acqua, ai piccoli chiller e alle unità interne idroniche.
Nel 2011 il sito di Villasanta, dopo una serie si ricorsi alla mobilità e a licenziamenti volontari si riduce a un solo stabilimento con 350 dipendenti. Lo stabilimento nuovo di via Dante viene acquistato da Tagliabue Gomme.
Nel 2014 Lo stabilimento di via Sanzio chiude definitivamente. Le attrezzature produttive rimanenti sono trasferite in Repubblica Ceca.
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