L’energia elettrica nelle case di Villasanta? Potrebbe essere autoprodotta e provenire interamente da fonti rinnovabili.
L’idea è stata proposta dal Tavolo per l’Ambiente – un organismo consultivo promosso dalla Giunta Ornago che riunisce, a titolo di volontariato, ambientalisti ed esperti di sostenibilità – e inizia ora il suo percorso di divulgazione e di costruzione.
Da qualche mese anche in Italia – in attuazione di una Direttiva Europea del 2018 – è possibile produrre e, soprattutto, condividere energia elettrica da fonti rinnovabili dando vita alle Comunità Energetiche, vale a dire a un soggetto giuridico – società, associazione, cooperativa – che produce e distribuisce la corrente all’interno di un gruppo definito di soci.
Il panorama delle realtà che possono esserne coinvolte è molto ampio e articolato: alla costituzione di una comunità energetica possono infatti contribuire e partecipare una pluralità di soggetti che vanno dalle istituzioni alle singole organizzazioni e associazioni, a piccole e medie imprese, società del terzo settore fino ad arrivare ai singoli cittadini.
Per farlo occorre un requisito tecnologico primario: la comunità energetica deve afferire a un’unica cabina elettrica di trasformazione primaria, vale a dire da alta a media/bassa tensione. Visto che Villasanta, a parte qualche eccezione, dipende da un’unica cabina, ciò rende possibile la costituzione delle Comunità Energetiche nella quasi totalità dei casi.
“Anche l’intera Villasanta – racconta al Punto Sergio Venezia, membro del Tavolo per l’Ambiente e fondatore dall’associazione nazionale CO-energia, che realizza progetti di economia solidale – può idealmente costituire da sé una grande comunità energetica dal momento che la rete di tutto il Paese afferisce alla stessa cabina primaria di trasformazione.”
Ciò significa che tutte le case di noi villasantesi potrebbero – ad esempio – ricevere corrente elettrica prodotta con la messa a sistema di una rete di pannelli fotovoltaici già installati o da installare sul territorio, e ogni unità abitativa potrebbe cedere l’energia elettrica inutilizzata ad un’altra unità, ottenendo un equilibrio generale dei consumi.
“Fino ad oggi – argomenta Sergio Venezia – chiunque autoproduca energia elettrica aveva l’obbligo di rivendere al gestore di rete l’energia che non consuma, il quale stabilisce il prezzo di acquisto, non certo vantaggioso per chi la cede. La vera novità – che attendevamo da tempo – sta proprio nella possibilità di cedere al mio vicino o a qualunque altro componente della comunità energetica la corrente che produco in un determinato momento della giornata ma non utilizzo appieno perché magari non sono in casa.”
E tutto questo si può fare utilizzando quanto già offre la rete di distribuzione elettrica, senza bisogno di pensare a nuovi fili che girano nelle case e nemmeno a particolari cavi e collegamenti da attivare in esterno.
L’adozione diffusa del fotovoltaico, per altro ora favorita dalle incentivazioni previste da vari dispositivi di legge (110% e non solo), porterebbe con sé tre ordini di vantaggi: ambientale in prima istanza perché verrebbero abbandonate le fonti fossili; economico perché il costo dell’energia diminuirebbe grazie alla rete di distribuzione locale; sociale perché la capacità produttiva potrebbe non solo soddisfare il fabbisogno ma anche offrire forniture gratuite a famiglie in difficoltà.”
L’idea del distacco dalle reti nazionali basate sulle fonti fossili, dell’autoproduzione da rinnovabili e soprattutto della libera cessione dell’energia in eccesso all’interno di una comunità, arriva finalmente in Italia ma le prime esperienze – e la testardaggine di Sergio Venezia nel perseguirla – arrivano da lontano.
“Era il 1997 – ricorda – quando un gruppo di ambientalisti andò in pullman a Shonau, un piccolo centro della Foresta Nera, e lì incontrammo la comunità di 2000 abitanti per 500 famiglie che per prima aveva ottenuto, dal Consiglio di Stato tedesco, il distacco dalla rete elettrica nucleare.” Si erano semplicemente costituiti in cooperativa e autoproducevano energia da un mix di fotovoltaico, co-generatori, piccole centrali idrauliche.
“Per essere concreti – osserva Venezia – abbiamo calcolato che installare pannelli fotovoltaici sulla nuova tettoia del lato nord di Piazza Europa assicurerebbe energia elettrica per 14 famiglie. Potrebbe essere la base di avvio della prima sperimentazione, in più, trattandosi di una superficie pubblica, la corrente prodotta potrebbe essere ceduta a chi si trova in difficoltà economica.”
Il dado è tratto verrebbe da dire. Il progetto ha il suo fascino, non solo sul piano energetico e economico, ma ci piace sottolinearne la valenza sociale che deriva dalla possibile e potenziale larga diffusività dell’ipotesi in campo: “Si comincia a condividere l’energia e poi… ci si può prendere anche gusto a condividere altri bisogni e necessità”.
I prossimi passi andranno necessariamente nella direzione della divulgazione: occorre informare e coinvolgere i soggetti primari, mappare gli impianti fotovoltaici esistenti e verificarne lo stato di efficienza e soprattutto identificare le superfici di copertura – pubbliche e private – che possono ospitarne di nuovi per estendere la rete fotovoltaica e portarla a una dimensione tale da garantire una produzione di energia elettrica verde adeguata al fabbisogno.
Partirà l’esperimento? Noi del Punto ce lo auguriamo.