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Luca Ornago: “Oggi dobbiamo inventare una nuova Resistenza contro l’assuefazione e la resa”

Il discorso del 25 aprile, che il nostro sindaco Luca Ornago ha rivolto a una piazza più gremita del solito, è stato l’ultimo del suo mandato amministrativo. 10 anni e 10 celebrazioni della giornata della liberazione dal nazifascismo tutte condotte con l’alta e lucida consapevolezza del suo significato e dei valori di libertà e democrazia che essa rappresenta. Anche ieri mattina è stato così e, nelle sue parole, i valori del 25 aprile 1945 hanno trovato una conferma e una preoccupata attualità negli avvenimenti di oggi. Nella convinzione che tutti i villasantesi presenti si siano sentiti rappresentati e in segno di ringraziamento, Il Punto ha deciso di pubblicare per intero – di seguito – il suo intervento.

Anzitutto buongiorno ai cittadini presenti, sempre così numerosi.

Benvenuti in Piazza Martiri della Libertà!

Buon 25 aprile a tutti! Oggi celebriamo il 79° anniversario della Resistenza e della Liberazione dell’Italia dalla dittatura nazi-fascista”.

Luca Ornago

Allora, quanti di voi al primo caffè questa mattina si sono detti: ma sì, andiamo in piazza. È una cosa da fare. C’è l’inno di Mameli. Ci lasciamo prendere da quella sensazione di appartenenza che solo il 25 aprile sa far nascere. Poi ci penserà il Sindaco a trovare le parole.

Solo che, vi confido, mai come stavolta, in questi dieci anni di celebrazioni, mi è stato difficile trovarle, le parole per salutare il 25 aprile.  

Nei giorni scorsi, mentre pensavo ad oggi, mi è tornato in mente di quella volta quando Luigi Rossi, villasantese, deportato in Polonia dopo l’8 settembre 1943 e sopravvissuto ai campi di lavoro (ci ha lasciati nel 2018), stringendomi la mano dopo un incontro, mi ha guardato negli occhi con un mezzo sorriso, come perdonandomi di non poter comprendere veramente il significato di quella Resistenza e di quella Liberazione.

Eppure ne avevamo parlato. E avevo creduto di aver fatto la mia parte, da bravo sindaco. Per finire poi col sentirmi in difetto, inadeguato.

Ecco, anche oggi mi sento così, in difetto.

Sono qui, armato solo di parole – io, che credo tanto nelle parole – mentre nel mondo tante resistenze armate fanno fuoco e tante liberazioni sono attese, sono sperate. Sono disperate.

È forse il fallimento delle celebrazioni? Perché è un fallimento se dopo 78 anni da quel giorno d’aprile e 78 volte a festeggiarne il ricordo, oggi ci ritroviamo in questa piazza faticando a contare le guerre e abbassando la testa al pensiero delle migliaia di morti innocenti.

Vien da pensare che oggi non dobbiamo celebrare quella Resistenza ma inventarne una nuova contro l’assuefazione e la resa: io credo che questo ci chiederebbero oggi i partigiani.

Perché accade quotidianamente che il diritto internazionale umanitario venga criminalmente sconfessato, in Ucraina, Israele, Palestina ma sono solo alcuni conflitti. Eppure stiamo parlando del diritto che dovrebbe proteggere civili, feriti, malati, prigionieri di guerra, internati, naufraghi, personale sanitario e persino personale che fornisce assistenza spirituale.

Senza contare i tanti esempi di libertà negata. Mi rivolgo alle donne presenti qui in piazza: immaginatevi in un regime talebano, in Afghanistan o in Pakistan, senza poter viaggiare da sole, vestirvi come vi pare, non potreste neanche rivolgervi a un avvocato se vi servisse.

Capite bene che, se si rinuncia a questa Resistenza, tutto crolla. Come è già successo in Italia.

Il 25 aprile mi perdonerà se occupo un minuto del suo tempo non per raccontare della sua vittoria sulla dittatura nazi-fascista ma di come vinse vent’anni prima il regime fascista. Così, forse, i ricordi tornano vividi.

Dopo la presa del potere con la marcia su Roma, il  Partito Nazionale Fascista si assicurò la vittoria alle elezione del 1924. Non furono elezioni tranquille, furono denunciate violenze e intimidazioni. Non furono tempi tranquilli, segnati dall’assassinio di Giacomo Matteotti. 

Durante il ventennio, dal 1926 al 1945, gli organi elettivi dei comuni furono soppressi e tutte le funzioni del sindaco, della giunta e del consiglio comunale furono trasferite al podestà, nominato dal Re.

Pensiamo a oggi. Tra 45 giorni a Villasanta si voterà. Sono certo che moltissimi di noi si stanno preparando con entusiasmo (e con voglia). Pensiamo invece di dovercene stare a casa e lasciare che qualcun altro i prossimi 8 e 9 giugno decida per tutti noi.

Ma c’è stato di peggio durante l’epoca fascista: le leggi razziali, l’alleanza con Hitler e il nazi-fascismo, le deportazioni, i lager.

Contro tutto questo combatterono i partigiani durante la Resistenza.

Questi i fatti.

Ora, tornando alle parole, nei giorni scorsi per questa nuova Resistenza me ne è venuta in mente una su altre: protagonismo quello sano.

Provo a parlare di protagonismo rifacendomi a don Ciotti, incontrato e ascoltato pochi anni fa a Concorezzo: “La Liberazione – aveva detto – non chiede di essere ricordata, chiede di essere vissuta, di essere realizzata”. E ancora ricordava “Antifascismo non può essere soltanto una parola. Deve diventare etica”.

Se oggi si assiste ad un riemergere di pensieri fascisti, forse è anche perché c’è stato, negli ultimi decenni, troppo antifascismo di facciata, fatto di molte parole e pochi esempi.

E quando i toni della retorica non si sposano con il comportamento e con l’esempio, prendono piede omissione e indifferenza. Terreni fertili per la criminalità e le mafie, per la logica dell’io e del puro interesse.

Contro questo rischio serve essere protagonisti. Come i partigiani.

Lo sappiamo, non saremo mai tutti partigiani. Oggi non viviamo quelle condizioni. E comunque non tutti avremmo il coraggio, la forza ribelle e la resistenza che ebbero i partigiani.

Però possiamo fare la nostra parte da subito nelle piccole cose della vita di tutti i giorni: rifiutare la legge del più forte, rifiutare l’emarginazione dei fragili, rifiutare l’indifferenza e non tacere!

Guardate che un piccolo esempio di protagonismo lo abbiamo avuto nei giorni scorsi proprio qui, a Villasanta. Un esempio del tutto inatteso e per questo forte e coraggioso, e ribelle quanto basta. Come molti di voi sapranno, nei giorni scorsi, grazie all’Associazione Genitori e alla partecipazione dell’artista Gregorio Mancino, i bambini della scuola dell’infanzia Tagliabue e della primaria Villa con i loro insegnanti, hanno creato immagini da dipingere poi sulle pareti del prefabbricato presente nel giardino del plesso Villa: si tratta di alberi, di fiori, di arcobaleni, di soli, di una mongolfiera. Lo scontato se vogliamo.

Ma al momento di dipingere i modelli concordati è successa una cosa inaspettata: alcuni bambini, deviando dal programma, hanno iniziato, copiandosi l’un l’altro, a scrivere sulle pareti, tra un’immagine e l’altra, la parola “pace”.

Hanno rotto uno schema. Ora, non è proprio stato come l’8 settembre ma, a modo loro, non hanno taciuto e si sono fatti portatori di un messaggio ai grandi. E io ringrazio l’artista per aver lasciato spazio a questo protagonismo, consapevole che ognuno di noi, conoscendo questo retroscena, darà ora un peso più grande a quelle scritte ribelli.

Mi avvio alla chiusura ringraziando per l’impegno che anche quest’anno Villasanta ha dedicato al 25 aprile: iniziative culturali, appuntamenti per i piccoli, omaggi alla memoria ai villasantesi attori e vittime nella Resistenza.

Per un sindaco, credetemi, questa è già una grande soddisfazione ma soddisfazione ancora più grande è sapere che, dopo l’intervento di Lorenza Gobetti, presidente di ANPI Villasanta, saranno i giovanissimi a diventare protagonisti di questo momento.

Grazie soprattutto alla loro presenza qui oggi il messaggio della Resistenza conserva intatta tutta la sua impronta di modernità.

Per me questo è l’ultimo 25 aprile visto da questo privilegiato punto di osservazione. Mi mancherà. Ma io non mancherò.

Cari cittadini, buon 25 Aprile. Viva la Resistenza e viva Villasanta libera e antifascista!

Grazie!

Nella gallery fotografica alcuni momenti della celebrazione.

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