“AutonomiAmo” il progetto dell’associazione “Amici della Speranza” avviato lo scorso ottobre e finanziato dalla Fondazione della Comunità di Monza e Brianza ha diversi obiettivi, tra i quali l’autodeterminazione, il distacco dalla famiglia di origine e dalle figure di riferimento e il mutuo aiuto tra persone diversamente abili. Ne abbiamo voluto parlare con il presidente e il vicepresidente dell’associazione: Franco Radaelli e Guido Battistini. Ricordiamo che per sostenere il progetto è possibile effettuare un bonifico sui seguenti conti correnti intestati alla Fondazione della Comunità di Monza e Brianza Onlus, con causale: “Autonomi(AMO)”: Banca Popolare di Milano – Iban: IT03 Q05034 20408 000000029299 – C/C postale 1025487529. Per informazioni: Associazione Amici della Speranza, Tel: 039.305417 – Email: amici.della.speranza@alice.it.
Cosa ne pensate del progetto?
Radaelli: Beh, praticamente è venuto avanti e si è imposto da sé. Dagli inizi del Duemila, fu “Un paio d’ali”, un’associazione fra genitori di persone con disabilità, a porre nel nostro paese la domanda del “che fare” legata alla prospettiva del “Dopo di noi”.
Noi “Amici della Speranza” abbiamo sostanzialmente ereditato quella missione circa una decina di anni fa; l’abbiamo rielaborata e messa in campo sotto varie forme che, a partire dalle serate, alle domeniche in casa di amici e, soprattutto nelle notti in appartamento; sfida essenziale per iniziare il percorso verso l’autonomia dai genitori, in un primo tempo, fino a diventare distacco.
Penso che qui nella nostra comunità come altrove, questo nuovo banco di prova rappresenti un indicatore di primissimo piano per testare l’autentico livello di benessere, di inclusione e, in prospettiva, addirittura divenire una risorsa di sviluppo supplementare per la nostra società.
Battistini: realizzare un percorso che possa portare alcune persone con disabilità a costruirsi uno spazio di vita autonomo (anche se non completamente) non è solo un progetto ad alto valore sociale ma anche un obiettivo che per noi comincia a porsi con una certa “priorità”, vista la situazione anagrafica e familiare di alcuni dei nostri “utenti”. In questo caso si tratta di affrontare i problemi non solo “pratici” ma anche “affettivi” che si pongono nel momento in cui a queste persone viene a mancare l’appoggio della famiglia. Questo percorso di “autonomia” vale comunque anche per persone che, pur mantenendo un riferimento familiare, aspirano giustamente ad una condizione di vita indipendente, assimilabile a quella di una qualunque persona.
A fianco delle nostre attività più consolidate quali il CSE e il gruppo del GRAA, ci siamo dunque dati questo progetto che per noi è un obiettivo impegnativo ed ambizioso, che sta mobilitando al massimo le nostre risorse professionali, organizzative e di volontariato. Non scordiamoci mai che la nostra Associazione è fondata sul volontariato di tanti villasantesi che si riconoscono in questo impegno sociale e solidaristico. Non a caso il valore di questo progetto è stato riconosciuto non solo dai Comuni di Monza e Villasanta, ma ultimamente anche dalla Fondazione Monza Brianza che ci ha appunto assegnato il finanziamento di cui si parlava.
Come sta andando in questi primi mesi?
Radaelli: Direi al di là delle più rosee previsioni. All’inizio c’è stato un gran gioco di squadra: le coordinatrici Mariangela Cambiaghi e Claudia Plebani hanno delineato i profili formativi del progetto. Guido Battistini ha partecipato ai “tavoli” di coordinamento tra gli Enti territoriali da cui arrivano input determinanti per tutto il cosiddetto “Terzo settore”, portando a casa ragguagli sempre più operativi. Infine lo stanziamento ottenuto dalla Fondazione della Comunità di Monza e della Brianza sul nostro progetto “AutonomiAMO” che ci ha messo le ali ai piedi.
Su questo, co-finanziamento, se possibile, vorrei dire due cose: la formula di erogazione, in prima battuta. Co-finanziamento, appunto. La Fondazione Monza-Brianza non copre l’intero costo ma ti obbliga a mostrare, in concreto, che questa tua proposta sta riscuotendo anche il consenso della comunità che ti sta attorno per cui, come nel nostro caso, finanzia la parte maggioritaria dei costi ma eroga materialmente i fondi solo dopo che avrà raccolto, sul proprio Iban, il “denaro fresco” necessario alla copertura dell’intero progetto. Una logica stringente che non lascia spazio a sprechi o a dispersioni di risorse. L’ho trovata una formula eccellente.
Seconda riflessione; al di là dell’importo cofinanziato, devo dire che tutto l’iter affrontato mi ha in gran parte riconciliato con me stesso. Ebbene sì. Devo confessare che, essendo al mio primissimo approccio ad un Bando e di finanziamento, ero partito un po’ così…diciamo scetticamente. Al contrario, il tavolo di confronto con la dottoressa Marta Petenzi, segretaria generale della Fondazione, le sue indicazioni e i due, tre step necessari per la preparazione dei documenti , via via fino alla splendida notizia dell’obiettivo raggiunto, ha smentito ogni dubbio in merito a trasparenza, legittimità e pieno rispetto delle regole. Davvero, sono rimasto sorpreso di avere ottenuto un finanziamento senza ricorrere a scorciatoie di alcun tipo. Complimenti a tutti.
Battistini: In questo progetto non partivamo proprio da zero. Da anni stavamo già svolgendo una piccola esperienza di “autonomia” in un appartamento in via Sauro di proprietà della nostra Associazione “Amici della Speranza”(insieme alla Coop sociale La Speranza). Siamo partiti da qui e a cominciare dallo scorso Settembre abbiamo iniziato a sperimentare la presenza dei nostri amici in questa struttura per un numero mensile progressivamente maggiore di giorni e di notti. Dal prossimo febbraio è previsto un ulteriore gradino nello sviluppo del progetto, con il raddoppio dei periodi mensili di permanenza in “autonomia.
Va assolutamente considerato che questo tipo di progetti è soggetto a continui momenti di verifica e monitoraggio, soprattutto nei confronti delle reazioni dei diversi soggetti coinvolti. Questo può e deve portare per alcuni di questi anche a possibili rallentamenti o passi indietro nella gestione dei tempi e modalità della sua attuazione. E in effetti è quello che stiamo verificando nell’esperienza di questi primi mesi. Ma complessivamente possiamo dirci più che soddisfatti e non tanto noi quanto i soggetti coinvolti e le loro famiglie, che restano i veri interpreti di questo progetto “
E i villasantesi stanno rispondendo in modo positivo?
Radaelli: Guarda, questa è una questione di straordinaria importanza. E’ un fatto ormai acquisito, in paese. Quando presenti il nome “Speranza” sia che si tratti della Cooperativa che della nostra associazione “Amici della Speranza” tutte le porte si spalancano, Quale che sia l’interlocutore, al di là delle differenti componenti sociali, politiche, culturali, questo marchio, qui in paese, si è guadagnato il valore di credibilità e, conseguentemente, di solidarietà. Lo affermo con grande soddisfazione (proprio perché non faccio parte di quel nucleo storico di villasantesi che diedero vita alla “Speranza” nell’ormai lontano 1985) quell’idea ha messo radici profonde e riscuote il rispetto incondizionato di tutti.
In questo caso, poi, registriamo in concreto un altro paio di risposte che profumano di incredibile: la prima si chiama volontari. “AutonomiAMO” esige la disponibilità di una formazione di volontari piuttosto nutrita. E qui casca l’asino perché mettiamo a nudo un nervo scoperto: l’inaridimento del turn-over del nostro patrimonio volontari (A proposito, da questo punto di vista, le porte della nostra Associazione non sono aperte, sono spalancate davanti a tutti voi…) Di fatto, il nostro segretario, Camillo Canola, si gioca la faccia dell’essere stato educatore oratoriano di gente che ormai viaggia sopra gli “anta”, lavora e tiene famiglia; li contatta e facciamo il pieno di donne e uomini di affidabilità assoluta, pronti a passare una o due notti al mese fuori casa, in full immersion in “AutonomiAMO”. Assolutamente straordinario. Come se non bastasse, uno di questi “Nuovi volontari”, porgendomi gli auguri di buon Natale, ci ha aggiunto i ringraziamenti per avergli concesso di vivere un’esperienza così intensa…
L’altra notizia riguarda la cordata di solidarietà che si è attivata in paese. Che dire; appena si è diffusa la notizia del progetto si è messa in moto, misteriosamente, come sempre, una magica energia solidaristica che in pochissimo tempo ci consentirà di raggiungere l’obiettivo della raccolta di risorse proprie che darà materialmente il via al progetto. D’accordo, il periodo natalizio ha certamente riscaldato i cuori ma, credimi, c’è dell’altro.
Battistini: Direi proprio di si, guarda, non solo e non tanto rispetto alla pur importante raccolta fondi per il cofinanziamento a nostro carico del progetto sostenuto dalla Fondazione, ma soprattutto per la disponibilità che abbiamo raccolto rispetto ad un impegno di volontariato in prima persona proprio in attuazione del progetto stesso. Per il suo sviluppo concreto abbiamo infatti dovuto mobilitare risorse aggiuntive non solo professionali ma anche appunto di volontariato. Fammi cogliere allora questa occasione per ringraziare tutti i volontari che ci stanno aiutando e anche lanciare un appello/invito a tutti i villasantesi perché ci vogliano accompagnare in questo impegno donandoci un po’ del loro tempo. Ne saranno decisamente gratificati !!!!
Come Credete che il progetto possa essere una risorsa per la comunità di Villasanta e come potrebbe svilupparsi secondo voi?
Radaelli: In prospettiva, ma a Milano sono già realtà attive da anni, il co-housing (purtroppo si chiama così con questo inglesismo ormai invasivo) diverrà la chiave di soluzione di eccezionalità sociali emergenti. Qui la riflessione ci porterebbe lontano e servirebbe lo spazio informativo che oggi abbiamo esaurito . Certo è un futuro che non si dovrebbe leggere in termini di “soluzioni comunali” ma su dimensioni comprensoriali. Se posso permettermi un sogno, tuttavia, immagino il nostro “Condominio della solidarietà villasantese” in cui vivranno i nostri “ragazzi” porta a porta con altre solitudini, nuove emarginazioni affidate alle cure di splendidi volontari che si alternano in ruoli di supporto collegati con attività esterne sotto forma di cooperative di servizio alla persona, all’ambiente, alla manutenzione del paese, diventando essi stessi una risorsa sociale nuova e abbondante. Si tratta di una giornata già iniziata, noi avremo il modo di riparlarne.
Battistini: Noi non possiamo che augurarci che tutto possa procedere in termini positivi e quindi che si possa veramente arrivare, in un tempo per adesso difficilmente prevedibile, a realizzare per un numero adeguato di soggetti una vera e propria esperienza di vita “autonoma” in una struttura (appartamento, villetta,etc…) dedicata a questo fine. Si dovrà procedere per gradi e con le dovute cautele, ma pensiamo possa essere un obiettivo non solo auspicabile ma anche realizzabile”
Credi che possa essere una risorsa per la comunità villasantese? (inteso proprio come una crescita per i villasantesi) “ Se il livello di sviluppo di una comunità si misura non solo dal suo livello di ricchezza distribuita ma dal grado di “benessere diffuso” che ne caratterizza la qualità della vita, allora una realtà come la Speranza e ancora di più il futuro progetto di cui stiamo parlando, non possono non essere un fattore di assoluta preminenza per la nostra comunità villasantese. Sono proprio questo tipo di esperienze che fanno di un territorio una comunità. Senza il contributo dei villasantesi non potremmo esistere ma Villasanta senza La Speranza sarebbe decisamente “più povera.
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