Il ritratto che segue è apparso su Progresso e Partecipazione del 3 febbraio 1983. Abbiamo pensato di ricordarlo con una intervista rilasciata quando ancora era fresca l’impronta da lui lasciata al comando dei Carabinieri di Villasanta.
Il Maresciallo Fusco, che per lasciarsi intervistare chiese il permesso al suo Comandante a Monza, a suo modo gradì.
Il giaccone nero che avvolgeva come una seconda pelle un fisico da mediomassimo, il timbro grave della voce, nemmeno lo sbandierato orgoglio di appartenere agli antichi Sanniti riuscì a contenere un mezzo sorriso.
Ormai la sua tenda l’aveva piantata definitivamente a Villasanta, dove sarebbe rimasto al comando Carabinieri per oltre una trentina d’anni.
Il cordoglio collettivo che si diffonde in queste ore, testimonia che la missione è stata brillantemente portata a termine.
La prima volta che ci parlai, i Carabinieri erano ancora in via Garibaldi. Avrebbe avuto cento modi per mostrarmi la fatiscenza della sua caserma ma ne scelse uno, emblematico. Mi portò davanti a una cella di custodia, aprì lo spioncino e mi fece guardare. Per terra, in un cantuccio, avvoltolato in una coperta militare c’era un ragazzo coi capelli lunghi, un ladruncolo, rannicchiato nel gelo della stanza buia. Richiuse il pertugio e mi guardò senza parlare.
Il Maresciallo maggiore Antonio Fusco, di Dugenta, un paesino sconosciuto del Beneventano, è nato nel 1932.
La Seconda guerra mondiale è appena finita, deve frequentare la1^ Istituto Tecnico ma la scuola è lontana 50 chilometri e il padre non ha le 1.900 lire per il pullman: O fai il prete o il carabiniere.
Si arruola nel ’51 e inizia una vita da globe-trotter. Il corso a Rivoli Torinese, poi a Sanremo e quindi l’Alto Adige. Con il finanziere, la guarda forestale e il daziere è il quarto italiano, gli vogliono bene e impara la scopa tirolese a 36 carte. Nel ’58 è a Verona, poi andrà a Bergamo e a Brescia prima di arrivare a Milano dove girerà per tutti i comandi.
Qui dal ’59 al ’66 agisce alle dipendenze dell’allora Maggiore Carlo Alberto Dalla Chiesa che gli rimarrà nel cuore per l’esempio di comandante e grande uomo.
Torniamo nel ’63; a Sanremo c’è ancora ad aspettarlo Francesca Bigliardi, una brava emiliana che aveva conosciuto 11 anni prima. All’epoca a un carabiniere non era consentito sposarsi prima del compimento dei 30 anni e Antonio Fusco li ha appena fatti. Sposa la ragazza emiliana che accetterà di vivere con lui una vita da carabiniere, gli darà due figli, Marco e Carla. Si stabiliscono a Bresso.
Nel 1969 arriva a Villasanta, è in attesa di nomina e, pensa, ci dovrà stare per poco tempo… Qui invece diventerà il Maresciallo e al suo compito già gravoso dovrà aggiungerne altri che gli derivano dall’essere titolare di un ufficio aperto 24 ore al giorno da Capodanno a San Silvestro. E diventerà assistente sociale per ragazzi difficili, paciere fra coniugi ai ferri corti, consulente fiscale su questioni di eredità e successioni e via via secondo quanto irrompe quotidianamente nel suo ufficio.
Arrivano in seguito anni bui: la leucemia gli strappa la piccola Carla a 7 anni. La manifestazione di affetto e di solidarietà dei colleghi e dei comandanti è corale ma lo sconforto, tremendo. la signora Francesca per il dolore si ammala, il maresciallo si getta nel lavoro con ancora più determinazione ma lo stress è logorante e nel ’80 una paresi prima, e un infarto più tardi lo costringeranno a fermarsi.
Ma è una questione di poco tempo, il Maresciallo Fusco ritorna alla sua missione contro il parere di tutti.
I suoi hobbies rimangono nel cassetto, gli piacciono le monete antiche e i francobolli del Vaticano, di San Marino e dell’Italia. Ama la cultura ma non ha tempo di coltivarla, non è mai stato al cinema. Una volta soltanto alla Scala, trascinato dalla moglie, grande appassionata di musica lirica e figlia dell’Emilia di Verdi.
Terzino destro quando a calcio si giocava con pallone di carta e spago, tifa Napoli ma a Villasanta ha scoperto il basket.
Porta i suoi 51 anni con il vigore di chi non li ha mai contati, è da 32 nell’Arma e non molla. La scusa è buona aspetta che Marco, il figlio diciottenne, finisca gli studi e si sistemi.
Da qualche parte in Emilia, c’è un posto in cui pensa di andare a riposarsi, probabilmente solo allora la sua Francesca lo avrà tutto per sé, forse.
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