personaggio

Claudio è nel sole

Si è conclusa a 85 anni la vita terrena di Claudio Centemeri.

Ci divideva una dozzina d’anni,  ma il suo profilo l’avevo messo a fuoco in un pomeriggio di calcio sullo sterrato dell’oratorio vecchio. Non tanto per la casacca interista ma per la marcata somiglianza stilistica con Mauro Bicicli, razzente aletta destra mai doma, tutta grinta e sudore. Lo stesso era per quel ragazzo biondo; ciò che gli mancava in centimetri era ampiamente reso in scaltrezza e stàmina.

Ci incontrammo davvero una trentina d’anni dopo al “Cafferén” di piazza della chiesa. Nel fumoso bistrot del Renato e della Teresina, la mamma di tutti noi. In quello strano zoo da strapaese, Claudio nuotava a proprio agio. Piacione del luogo, vestiva una personalità apparentemente spensierata, che mi piace immaginare riassuntiva delle qualità da “qui d’ingiò”, nel senso di coloro che fino al ’29 avevano vissuto, da cittadini, nell’estrema periferia nord di Monza: dialetto portato con ampia padronanza di termini, nel caso frammisto ad un italiano forbito,  ci fosse da offrire sottolineatura  ai concetti.

Per farlo innervosire gli dovevi rubare una mano a scopa quindici; quello era l’unico campo in cui faceva fatica ad abbozzare; polemizzava sul serio e perpetrava vendette.

Terzo e ultimo della dinastia dei Centemeri,  calzolai che realizzavano e riparavano scarpe nel negozio alla “Curt dal Desneuf” (il cortile di via Confalonieri 19), dirimpetto alla Chiesa di Sant’Anastasia;  grazie a quell’attività familiare Claudio rinnovò il soprannome di “Pacelètt”,  figlio di Pacèl, raffinato artigiano di calzature..

Claudio, in seguito, si trasferì nell’elegante negozio che stava praticamente dall’altro lato della strada, con un certo successo.  Fino all’apparire delle mode effimere, dei vari “franchising” e di una tensione commerciale difficilmente sostenibile. Claudio disse basta e passò la mano.

E questo di una  contemporaneità sempre più stressante, assieme ad altre esperienze personali molto intense, divenne tema dominante di molte ore notturne vissute in piedi. nei nostri venerdì  sul piazzale della Chiesa.

Claudio offriva al dialogo spunti assai articolati, esito di una coscienza civile analitica, attenta alle variazioni culturali che dal “Cortile Villasanta” ventilavano persino nella globalizzazione.  Solo in quelle notti seppi di una sua convinta laicità che ripartiva dalla figura di zia Stella “Stélèta” prima intestataria della Licenza di “Sali e Tabacchi”  numero 1 in paese; alla Casa del Popolo dell’immediato Secondo dopoguerra.

In questi ultimi anni era diventato una delle mie fonti più affidabili e divertenti. Del suo paese sapeva proprio tutto; perlomeno della “Villasanta pop” e di ciò che era gustoso condividere. Non si è limitato a viverci;  a modo suo le ha voluto bene, l’ha sentita propria, nell’abbraccio di una esistenza tutt’altro che superficiale.

Con Claudio perdo un amico carissimo. Complice di mille confessioni  di altrettante sconfitte.

Mi rallegra averlo incontrato di recente, prima che la malattia affiorasse, in compagnia della moglie: “Sai cosa ti dico? In questi ultimi anni corriamo incontro al sole. In ogni angolo del Mondo, appena è possibile, purché ci sia luce e calore!

Ora sei nel sole, amico mio. Un abbraccio Claudio! E il ringraziamento che ti dovevo da anni.

Claudio Centemeri è l’ultimo a destra, in piedi, in una delle più forti formazioni calcistiche di quella metà anni ’50

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