Nessuno si chiamava Ernesto. Nessuno si chiamerà più Ernesto.
Per noi, nati nell’immediato dopoguerra nel paese dei giorni lunghi di luce e delle morbide tenebre, Ernesto era il baricentro di una empatia spontanea, immediata.
Non saprei stabilirne l’inizio: verosimilmente una domenica delle mille maltrattate a prendere a calci un pallone. Prima di assumerci l’insensata responsabilità di indossare le maglie nerazzurre e dar corpo a una delle più gloriose rappresentative della storia della Cosov, vale a dire il calcio ufficiale dell’Oratorio di Villasanta, in Brianza.
Lui ed io difensori di fascia. Ma Ernesto era più bravo di me, lo ammetto. Più scaltro, soprattutto.
Pur di non farsi superare lui sapeva adottare una gamma di malizie tali da consentirgli di cavarsela con il minor danno, risorsa assai diffusa in quella formazione di monelli talentuosi.
Quella stagione comunque non avara di successi, terminò sulla soglia della nostra adolescenza. Quel sabato Ernesto mi chiede: “Dai, accompagnami a Monza, voglio comperare l’ultimo disco dei Beach Boys”. Si trattava dell’iconica Barbara Ann; colonna sonora di un orizzonte di là da venire.
E misteriosamente ci si trova al Tabaccone di via Mazzini: tra juke-box, biliardo, flipper e Nazionali Esportazione si faceva largo una nuova fase che non seguiva più, indifferentemente, la medesima direzione per tutti. Istituti superiori o licei per chi se lo poteva permettere; agli altri rimaneva la scelta di quale lavoro intraprendere, dal momento che lo scenario lo consentiva ampiamente.
In ogni caso la sera ci si ritrovava là, in quel magico locale in cui il cavalier Achille ci governava con lo sguardo prima di cacciarci fuori all’alba di mezzanotte.
La bomba di piazza Fontana scoppiò nel dicembre del ‘69, proprio nei giorni in cui Claudio, universitario della facoltà di Geologia, con il gomito appoggiato al bancone del Tabaccone si agitava spiegandomi che, in mattinata, la Polizia aveva caricato gli studenti senza aver avvertito con i regolamentari tre squilli di tromba. Da lì a poco sarebbe iniziato il tempo delle lauree. Prima Giuseppe, poi Mario, Claudio, Angelo e infine Ernesto stabilivano una virtuale linea di demarcazione fra ieri e oggi.
Cambiavano argomenti, contenuti, emergevano vivaci contrasti d’opinione. Al Tabaccone ci avevano riservato una specie di gabbiotto in cui alla fine di mille confronti nacque il primo C.C.P: (Centro Culturale Popolare) di ispirazione berlingueriana. Si riuscirà ad organizzare un corteo cittadino per rivendicare l’apertura di una biblioteca civica a Villasanta. Primissima, eclatante manifestazione del genere dalla Seconda Guerra Mondiale fino a quei giorni.
Ernesto contribuiva a dar vita a questa iniziativa vivacemente politica. Da qualche tempo era entrato a far parte dell’Ufficio personale della Colombo Agostino una delle maggiori industrie metalmeccaniche del paese e, simultaneamente, faceva parte della redazione di Progresso e Partecipazione il periodico della sinistra villasantese.
È il periodo di massimo impegno per questo giovane e qualificato esperto di problemi legati al mondo del lavoro: da un lato rappresenta un consulente gratuito e a tempo pieno per i lavoratori dipendenti della Colombo Agostino che gli si rivolgono per ogni tipo di questione, sì anche al bar. Dall’altro Ernesto entrerà a far parte del gruppo del PCI nel Consiglio comunale di Villasanta e vi rimarrà per un paio di mandati.
La determinazione e la tenacia necessaria al raggiungimento dei fini è sempre stata una delle sue caratteristiche essenziali. Per lunghi anni la vita di Ernesto ha ruotato attorno a valori di giustizia sociale, trasparenza ed equità dei diritti, lasciando ben poco spazio alla sua passione più intima; andare alla scoperta degli angoli più remoti della Terra. Proprio in uno di questi raid sui siti archeologici peruviani del Machu Picchu, Ernesto incontrò Silvana, una insegnante che condivideva le medesime passioni e le stesse ali di libertà. La coppia si formerà in breve tempo e per Ernesto inizierà la felice narrazione di un nuovo capitolo di vita, intenso e ricco di felicità.
È sempre rimasto nel cuore di moltissimi amici ed è senza dubbio uno dei volti più noti e rispettati della generazione boomer.
Noi che abbiamo avuto la buona ventura di seguirlo sin dal primo giorno e di averne apprezzato le splendide qualità umane e intellettuali esprimiamo profondo dolore per una separazione improvvisa e rimpianto per un romanzo familiare che si interrompe prematuramente lasciandoci smarriti.
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Oltre una ventina di anni fa, durante la Messa di Requiem in occasione della scomparsa del nostro comune amico Angelo, un altro evento che richiama lo stesso struggente dolore, alla fine della cerimonia, l’organista intono’ all’improvviso le note del Secondo Movimento della Settima sinfonia di Ludwig van Beethoven, denominata “Allegretto”.
Ernesto ed io, memori dell’amore sviscerato di Angelo per Beethoven, non riuscimmo a trattenere le lacrime e quell’organo si rivelò un momento di conforto…
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